Prima del Kpop: la musica in epoca coloniale

Come tutti gli altri aspetti culturali, anche la musica ha attraversato fasi e cambiamenti durante il periodo coloniale. Indubbiamente il controllo dell’Impero giapponese è stato fondamentale ed era una dimostrazione per i giapponesi stessi, per i coreani e per il resto del mondo, che avessero ben presente ciò che andava preservato e cosa no della cultura coreana per creare un’unica cultura imperiale. Hanno avuto un ruolo, però, non solo il controllo e le limitazioni imposte dall’Impero giapponese, nel tentativo di unificare la cultura assorbendo quella coreana, ma anche le influenze derivanti da culture altre soprattutto occidentali, l’avanzamento tecnologico, la modernizzazione. In questo la musica è stato uno dei terreni più fertili e sensibili alle trasformazioni e il Giappone è stato forzatamente un mediatore culturale, soprattutto dopo la metà degli anni ’30 in cui erano sempre meno presenti le canzoni con testi in coreano o con tematiche ritenute nazionaliste.

In questo si può dire che la musica popolare di epoca coloniale con le contaminazioni esterne, è stata in qualche modo precursore del Kpop che conosciamo ormai così bene e che si nutre di sperimentazione con sonorità estranee innestandole a radici più tradizionali.

Se però oggi per noi nell’epoca di Spotify ascoltare kpop e cercare un pezzo è un gesto quotidiano quasi banale, provate ad immaginarvi le espressioni delle persone che in Corea nel 1899 hanno visto per la prima volta un grammofono e hanno sentito una voce uscire da quella strana scatola. Immaginate lo stupore e la meraviglia.  

Certo in epoca coloniale si era creato, però ,una sorta di cortocircuito non facile da fermare perché nell’entusiasmo per nuove sonorità come il Jazz, il Blues, il Foxtrot da miscelare al Gugak ovvero la musica nazione e tradizionale, non bisogna dimenticare che questa modernità era quasi sempre filtrata e manipolata.

Alcuni dei generi che conosciamo oggi e che fanno parte della cultura musicale coreana come il Trot sono nati in epoca coloniale (a quel tempo era chiamato yuhaengga, il termine trot nasce negli anni’50) e non sempre sono stati facilmente praticati e anche accettati dal pubblico più legato alla tradizione che vedeva in queste innovazioni quasi un tradimento visto il contesto in cui sono nate.

Le prime registrazioni coreane distribuite in Corea partono dal 1907 ed erano ancora legate alla tradizione perché erano sostanzialmente solo Minyo (canti popolari). Col tempo questo stesso genere è diventato Shin Minyo (la nuova musica folk), le canzoni non erano più strettamente legate agli strumenti tradizionali o alle narrazioni epiche del Pansori, ma erano orchestrate da strumenti occidentali, i ritmi si velocizzavano, le influenze jazz erano sempre più evidenti e negli anni diventarono anche colonne sonore per il cinema. La famosissima e simbolica Arirang fa parte del genere Shin Minyo.

Questo principio di innovazione ha dato vita al trot che, nonostante le numerose controversie, ha mantenuto nel tempo il suo posto nella musica popolare coreana. Questo perché non è mai rimasto statico, ma anzi si è autoalimentato e rigenerato. Questo ha fatto si che, a differenza del Shin Minyo che è scomparso, riuscisse a trovare sempre il mercato in cui inserirsi. 

Uno degli esempi più noti di questo nuovo genere è “Jeonhwailgi” cantata da Park Hyang Rim (cantante molto popolare tra gli anni ’20 e ‘30 e morta purtroppo molto giovane) e Kim Hae Song. Questo pezzo contiene tutti gli elementi della contaminazione occidentale, soprattutto negli arrangiamenti con l’introduzione di strumenti come il banjo o il clarinetto, di linguaggi diversi incastonati nella tradizione coreana. 

Io in realtà vi ho già parlato in passato della musica in epoca coloniale, quando vi ho parlato della miniserie “Hymn of death” che racconta la tristissima storia dello sceneggiatore Kim Woo Jin e della prima soprano professionista coreana Yun Sim Deok che pochi giorni prima di togliersi la vita con il suo ostacolato amore, registra in uno studio di Osaka, con l’accompagnamento al pianoforte di sua sorella, la canzone per la quale viene ricordata e che dà il nome alla miniserie 사의 찬미 (inno alla morte).

Yun Sim Deok

La canzone ebbe un enorme successo perché uno dei sentimenti che accompagnava le nuove generazioni, che stavano vivendo un momento di grandi incertezze, era un nichilismo profondo e in più in qualche modo rispecchiava anche quel senso di malinconia tipica che i coreani inseriscono nel concetto “Han”.

Tuttavia prima di arrivare al trot negli anni ’30, non era facile registrare ed era piuttosto costoso. In suolo coreano fino al 1926 non esistevano fisicamente studi di registrazione. La prima etichetta che coinvolse la scena musicale coreana era la Royal Records Nippophone ed era giapponese, o meglio era sostanzialmente la Victor americana in Giappone come la stessa Columbia aveva una sede giapponese. Quindi gli artisti coreani registravano in Giappone e il disco veniva prodotto negli Stati Uniti prima di essere distribuito in Corea. 

Il perfezionarsi del processo e l’apertura degli studi di registrazione in Corea  ha fatto si che questo diventasse un enorme business per i giapponesi e se per il governo giapponese il controllo era una questione politica, per i commercianti giapponesi questo business era un modo per fare soldi e questo ha contribuito paradossalmente ad alimentare il sentimento nazionalista coreano che vedeva nella musica un modo per esprimere il proprio sentimento e il proprio orgoglio mascherandolo, soprattutto dopo il 1927 quando fece il suo ingresso nella società coreana la radio e quindi la più facile diffusione degli artisti e della loro musica (almeno fino al 1941 quando la radio iniziò ad essere utilizzata esclusivamente per trasmettere comunicazioni ufficiali) e si iniziarono a scrivere i testi sulla copertina dell’album creando maggior aggregazione e consapevolezza tra le persone. Un caso tra i più significativi, oltre alla già citata Arirang, fu 목포의 눈물 (le lacrime di Mokpo) di Yi Nan Yong che uscita nel 1935 rimane ancora oggi una delle canzoni coreane più conosciute e simboliche. 

Yi Nan Yong

Si è discusso e scritto moltissimo su questo pezzo fin dalla sua nascita perché per quanto i coreani fossero limitati dal preservare la loro musica tradizionale, il testo di questa canzone è stato messo sotto inchiesta e poi negli anni studiato perché nasconde dei messaggi che si possono collegare al nazionalismo. Il testo narra di una donna che giura amore e fedeltà al suo amato. Ma a quanto pare, si narra, che il suo amato fosse Han Yong Un attivista indipendentista e a questo punto la canzone assume tutto un altro significato da una semplice dichiarazione d’amore e quell’amato potrebbe anche incarnarsi nella sua patria, la Corea.

Considerato un testo problematico, gli autori della canzone sono stati indagati. Nasconde, infatti, un altro elemento di discussione, una frase “ 삼백 년 원한 품은 노적봉 밑에” ovvero “300 anni di rancore sotto Nojeokbong Peak”, gli autori difesero fermamente il testo dicendo che in realtà il significato non fosse il rancore, ma una frase che suona nello stesso modo ma ha un significato diverso, che io non sono riuscita a decifrare, ma evidentemente sono stati convincenti perché hanno evitato la prigione. In realtà è piuttosto palese che si riferisse ai 300 anni di rancore del popolo coreano dalla prima invasione giapponese del 1592 per cui Mokpo fu luogo importate perché da li i coreani sono riusciti a tenere d’occhio l’arrivo dei giapponesi che poi sono stati sconfitti dall’ammiraglio Yi Sun Shin. Non è quindi difficile immaginare come mai questa canzone sia diventata così importante.

La cantante di questo pezzo, Yi Nan Yong, è stata una delle cantanti più famose che, però, poi si è dedicata alla maternità e alla carriera musicale dei suoi figli.

È nata a Mokpo nel 1916, ha debuttato a 16 anni al teatro Taeyang e uno dei produttori della Okeh Records (con cui poi registrerà “le lacrime di Mokpo”) sentendo la sua voce capisce immediatamente che è un’artista su cui investire e ha fatto di tutto per portarla via alla sua precedente etichetta e metterla sotto contratto. Yi Nan Yong lavorerà per la Okhe dal 1933 conquistando il pubblico e un posto nella storia. Ma era una donna e questo non giocava certo a suo favore, perché la carriera da cantante non era considerata onorevole e soprattutto non conciliabile al ruolo che la società si aspettava, di moglie e madre. La sua vita quindi inizia a cambiare quando nel 1937 sposa un cantautore Kim Hae Song anche lui sotto contratto per la stessa etichetta e dopo una turnée, altri progetti e l’arrivo dei figli si limitò a stare dietro le quinte rimanendo incastrata nell’immagine della cantante in hanbok di “lacrime di Mokpo” che nonostante l’importanza e il contributo nella difesa dell’orgoglio nazionale e nella nascita del trot, è certamente limitativa di una carriera che ha segnato altro e che avrebbe potuto segnare di più.

Questa è stata la sorte di moltissime cantanti, un altro nome che mi viene in mente è Yi Aerisu  che all’apice del successo si sposò abbandonando completamente la sua carriera senza parlarne mai più, tanto che il suo stesso figlio per anni non seppe che sua madre era stata una cantante di successo. Fu riscoperta in una casa di cura nel 2009 poco prima che morisse.

Yi Aerisu

Moltissime delle canzoni nate in epoca coloniale e considerate canzoni dell’Impero, sono state criticate e poi recuperate dopo la liberazione diventando quasi degli inni e credo che questo sia simbolico di quello che è stato il turbamento e il senso di incertezza che ha attraversato la penisola coreana in un periodo di profonda trasformazione e la paura di perdere la propria identità. 

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