“Le Malerbe” di Keum suk Gendry-Kim

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Ho pensato fosse necessario e doveroso dedicare a quest’opera, arrivata da noi grazie a Bao Publishing, un pò di spazio in più rispetto alle poche battute disponibili su Instagram. Perché questa è una storia Grande che noi vediamo attraverso i disegni dell’autrice e viviamo tramite la voce di una donna, la protagonista, che è un filo d’erba fortissimo in un prato sterminato di fili d’erba calpestati.

Una storia Grande e atrocemente intima, che in questo caso parla in particolare di una vita, ma è lo specchio di un periodo storico e di migliaia di vite che hanno il diritto di essere prese in considerazione.

Keum Suk Gendry-Kim, fumettista della provincia di Jeolla che per anni ha raccontato storie con pubblicazioni indipendenti, nel 2012 viene finalmente notata e tavola dopo tavola, storia dopo storia e riconoscimento dopo riconoscimento si ritrova ad incontrare   due occhi colmi di sofferenza, ma anche del desiderio di essere guardati e letti nel profondo, fin dove le parole non hanno la forza di esprimersi se non con un’ ironia che diventa meccanismo di difesa.

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Questo è un incontro che colpirà a tal punto l’autrice tanto da “non riuscire a pensare ad altro” come sostenuto da lei stessa e che l’ha spinta a visitare i luoghi a lei raccontati e  sinceramente non mi viene difficile comprenderne il perché.

Quello che è l’approccio alla storia di “nonna Yi Okseon”, come la chiama lei, in questa graphic novel è un pò differente rispetto alla comune prospettiva dalla quale normalmente si guarda alla storia delle “comfort women”, ovvero donne che durante il colonialismo giapponese, subito prima la seconda guerra mondiale e durante il conflitto, venivano reclutate con l’inganno e chiuse nelle “comfort station” per soddisfare i bisogni dei soldati dell’esercito giapponese. Più che il racconto della storia in senso stretto, sono ricordi che l’autrice ha voluto lasciare così come nonna Yi Okseon gliel’ha presentati e quindi a volte chiari e palesi, a volte frammentati e altre volte lasciati in sospeso. Non ci sono forzature nella storia e non ci sono aggiunte volte a impietosire il lettore. Si vuole porre l’accento sui metodi con cui queste giovani donne, spesso bambine, venivano potate via alle famiglie, per lo più ignare di lasciare le proprie figlie ad un destino brutale ma convinti di mandarle a lavorare come cameriere o per esempio in fabbriche in cui si confezionavano le divise dei soldati. Purtroppo era comune all’epoca cedere o dare in adozione (adozioni che non erano regolamentate e quindi non controllate) le figlie per migliorare la situazione economica disastrosa delle famiglie, soprattutto di basso rango.  Altri aspetti che vengono descritti in modo esaustivo sono i luoghi in cui questi stupri , perché non si possono chiamare in altro modo, avvenivano e quindi le “comfort station” aperte dal governo di Tokyo in aree desolate delle varie colonie dell’Asia controllate dal governo stesso e sulle problematiche sociali con le quali queste donne hanno dovuto combattere in seguito alla fine della guerra, vivendo un incubo che per alcune, già scomparse, non ha mai avuto una fine.

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Problemi sociali dovuti alla cultura ancora fortemente patriarcale coreana che, finito in conflitto, non ha di certo agevolato, ma anzi spesso queste figlie che tornavano alle famiglie non potevano raccontare l’incubo vissuto perché sarebbero state allontanate per disonore e anche quando a distanza di anni e precisamente nel 1990, la questione “comfort women” è stata ufficialmente portata alla luce e dichiarata crimine di guerra, le reazioni dei famigliari non sono state sempre quelle sperate. Per nonna Yi Okseon è andata proprio così, una volta riuscita a riottenere la cittadinanza coreana e da Longjing (in Cina) dove è rimasta praticamente esiliata per anni è tornata in patria nel 1996, per partecipare ad un programma televisivo e portare la sua testimonianza in quanto vittima, non ha ricevuto dai fratelli con cui si è ricongiunta la comprensione che sperava e tanto meno l’aiuto in una battaglia difficilissima per cui aveva ancora ferite aperte.

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Ferite che uniscono altre donne che, da anni, ogni mercoledì si riuniscono di fronte al consolato giapponese in segno di protesta, alla ricerca di un riconoscimento e di scuse ufficiali e non politico-commerciali come gli accordi già presi tra le due parti, che però a tutt’oggi non sono mai arrivate. Nel 2015 un accordo con un fondo di risarcimento è stato stanziato, ma è stata più che altro una mossa politica senza un reale riconoscimento e che per di più che ha escluso le vittime da ogni tipo di dialogo. Precedentemente, nel 2007, un primo fondo fu stanziato ma si scoprì essere fondamentalmente un fondo con donazioni private e che quindi escludevano il governo da ogni tipo di ammissione di responsabilità e per questo motivo il fondo venne chiuso.

Questi sono i punti forti della graphic novel, secondo me, che esprime benissimo lo stato d’animo di queste donne che non solo hanno subito l’impensabile, ma a distanza di anni lottano ancora per riconquistare un pò di dignità. Questa è sicuramente una delle questioni aperte e vive dei difficili rapporti tra Corea e Giappone che in base al governo in carica si riaccende ciclicamente.

Le tavole sono bellissime in un bianco e nero violento, che lasciano poco spazio al sollievo e con la presenza massiccia di campi e scenari erbacei che richiamano il titolo e la metafora con cui l’autrice paragona queste donne proprio a erba che cresce in un campo che viene spazzata dal vento, ma che si rialza anche dopo essere stata schiacciata. Disegnata in modo deciso e raccontata con una delicatezza che sembra in contrasto, ma che rispecchia perfettamente un incubo vissuto dalla fragilità di una bambina che è dovuta diventare donna tra la violenza e l’incertezza del domani e che si ritrova anziana rincorrendo ancora una certezza che svanisce di giorno in giorno.

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Una storia che non ha riscatto e non ha una conclusione e che finisce così com’è iniziata con pensieri a volte chiari, a volte frammentati e a volte troppo dolorosi per essere ricordati.

 

 

 

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