Il ricordo di una principessa può svanire mentre è ancora in vita?
Siamo talmente abituati (volenti o nolenti) ad assistere alle vicende delle famiglie reali e alla facilità con cui le loro vite vengano messe sotto la lente d’ingrandimento, che mi sono genuinamente chiesta se fosse possibile una principessa sparisse dalla memoria del suo popolo mentre ancora contemporanea a quel popolo.
Leggendo quanto segue capirete che non solo è possibile, ma forse in questo caso era inevitabile, una brutta pagina di un destino che ha scritto la vita della principessa Yi Deokhye quasi come la rappresentazione della disperazione di un popolo che stava andando in contro alla perdita della propria identità.
Chi conosce la storia coloniale della penisola coreana può forse capire cosa intendo.
Lo scopo del governo coloniale giapponese che occupò la penisola agli albori del 1900, era proprio quello di minimizzare sempre di più, giorno dopo giorno, la cultura e poi l’identità coreana plasmandola e trasformandola in quella giapponese. Operava chiaramente moltissimo sui giovani, li istruiva in modo che piano piano le nuove generazioni si dimenticassero le loro radici, ne perdessero la memoria. Questo è il punto cruciale, perdere la memoria di ciò che sono stati e di ciò che erano in quel momento.
Questa è una riflessione che mi accompagnata dal primo istante in cui mi ritrovai ad approfondire la figura della principessa Yi Deokhye e della famiglia imperiale. Credo non esista personaggio storico che rappresenti meglio l’operazione che il governo coloniale intraprese sul concetto di “coreanità” di cui si parla sempre quando si affronta la storia coreana. Non perché le vicende della principessa siano particolarmente legate alla resistenza, anzi non lo sono per nulla direi al contrario di quanto viene rappresentato nel film più famoso che parla di questa figura “the last Princess” che ben poco rappresenta la reale storia della principessa, ma ne parleremo dopo. Quello che mi ha portata a credere sia la rappresentazione del suo popolo in quel momento è proprio l’ombra che l’ha circondata per la sua intera esistenza, l’oscurità della sua vita appesantita da traumi inflitti e da conseguenti disturbi mentali che l’hanno portata lentamente alla perdita di consapevolezza di sé, alla perdita della sua identità.
Ma iniziamo ad inoltrarci nella storia in modo che possiate capire meglio.

La principessa Yi Deokhye di Corea nacque nel 1912 e probabilmente l’avrete sentita nominare con l’espressione “l’ultima principessa dell’impero coreano” perché così fu in effetti.
Figlia minore dell’imperatore Gojong e dell’ultima concubina dell’Imperatore, una dama di corte di nome Yang Gui In alla quale l’Imperatore ha conferito un titolo nobiliare alla nascita della figlia tanta era la sua gioia per l’arrivo di Deokhye.
A Deokhye non fu dato subito un nome e il titolo di principessa in quanto figlia illegittima, ma questo presupponeva anche che la famiglia imperiale e la corte non dovessero prestarle le stesse cure destinate ad una principessa e così l’imperatore Gojong si impegnò fino a quando nel 1917 persuase il governatore ad inserire la bambina nel registro della famiglia imperiale. Fu così che all’età di cinque anni fu formalmente riconosciuta come Yi Deokhye principessa di Corea.

La principessa nacque e crebbe a palazzo Changdeok in un periodo storico che definire tumultuoso è un eufemismo.
La Corea nel giro di pochi anni aveva affrontato grandissimi cambiamenti e non sempre positivi, anzi.


Dal 1870, come già vi raccontai nell’articolo sulla nascita della letteratura moderna coreana, aprì i confini territoriali interrompendo la lunga fase di chiusura al mondo esterno, si ritrovò a confrontarsi con le culture straniere e divenne ben presto il fulcro delle attenzioni di queste culture estere, soprattutto quella giapponese che aspettava proprio il momento di sfruttare quest’apertura per iniziare il processo di conquista e annessione della penisola coreana all’impero giapponese. Re Gojong fu proclamato Imperatore nel 1890 e fu costretto ad abdicare nel 1907 pur mantenendo la sua posizione all’interno del palazzo, nel quale la vita scorreva seguendo la tradizione e i costumi, ma di fatto la figura dell’Imperatore di Corea era solo formale, legata alle cerimonie e poco più, il potere era a tutti gli effetti in mano al governo coloniale giapponese. La famiglia reale era un regime fantoccio.

Deokhye era una bambina, ma la sua vita era già segnata e Gojong per cercare di proteggere il più possibile la principessa dai probabili tentativi del governo coloniale di programmare la sua vita, aprì una scuola all’interno della corte in modo che potesse essere istruita secondo la tradizione e soprattutto in Corea. Inoltre, nonostante la giovane età della figlia, nel 1919 l’imperatore Gojong tentò di organizzare un matrimonio tra la principessa e un giovane di nome Kim Jang Han il nipote di un ciambellano di corte nel disperato tentativo di legarla alla terra natia e di impedire un matrimonio combinato dal governo coloniale con qualche aristocratico giapponese.

Il piano fallì e il governo coloniale intervenne prontamente per impedire l’unione delle famiglie.
Era il 1919 dicevo e questa data dovrebbe farvi venire in mente il movimento del 1 marzo 1919, l’insurrezione popolare per urlare il desiderio di resistenza all’invasore.
Se ricordate, il movimento del 1 marzo prese forma in seguito alla notizia della morte dell’imperatore Gojong per presunto avvelenamento e la storia che vi sto raccontando va ad aggiungere un tassello. Ci sono diverse fonti che ritengono infatti l’Imperatore sia stato avvelenato anche a causa di questi suoi tentativi di proteggere la principessa ostacolando i programmi del governo giapponese.

La morte del padre fu un colpo durissimo per Deokhye che si legò con ancor più forza alla madre, ma senza l’Imperatore la protezione per la principessa crollò bruscamente e questo permise al governo di avere il controllo sulla sua vita.
Qui entra il gioco la riflessione che feci all’inizio sull’allontanamento dei giovani dalle proprie radici. Era infatti necessario per il governo coloniale convincere i coreani ad adattarsi a questa nuova realtà in cui la cultura giapponese stava diventando parte integrante anche della loro cultura, anzi sarebbe più corretto dire che stesse sostituendo la loro cultura. Ma come farlo? Utilizzando i giovani, soprattutto dell’aristocrazia, istruirli rendendoli dei perfetti cittadini giapponesi e quali giovani più importanti degli eredi della famiglia imperiale? Mandare Deokhye e i suoi fratelli in Giappone per studio o per proseguire la carriera militare era soprattutto un messaggio che il governo stava mandando al popolo, un esempio di ciò che avrebbero dovuto diventare loro, ma soprattutto i figli del nuovo esteso Impero Giapponese.
Dunque nel 1925 la principessa Deokhye fu mandata a Tokyo dove proseguì gli studi.


Purtroppo non sono moltissime le notizie che abbiamo di questo periodo, ma ciò che sembra unire tutti gli studiosi è il cambiamento repentino della personalità della principessa, che iniziò ad incupirsi non riuscendo a sostenere la distanza dalla madre e dalla sua terra nella quale chiedeva costantemente di poter tornare. Tutto questo unito alla paura di non riuscire a sopravvivere come non era riuscito a fare suo padre.
Questo è il periodo in cui pare si siano presentati i primi disturbi, una grave depressione e fenomeni di disturbo del sonno.
La situazione peggiorò quando nel 1930 morì la madre che lei non aveva potuto rivedere viva per l’impossibilità di tornare in Corea. Solo per i pochi giorni della funzione funebre le fu concesso il rientro, ma dopo fu immediatamente riportata in Giappone.
Chiaramente questo non aiutò la sua già fragile salute e in questo periodo fu uno dei fratelli a prendersi cura di lei e farle avere le migliori cure possibili ai tempi.
Sempre nel 1930 appena la malattia (che venne in seguito riconosciuta come una forma di schizofrenia) sembrò darle tregua, il governo giapponese decise di organizzare il matrimonio della principessa con il conte giapponese, So Takeyuki. Il matrimonio fu ovviamente una mossa politica, la famiglia So infatti aveva governato per settecento anni l’isola di Tsushima che è un’isola all’estremità occidentale dell’arcipelago giapponese e in prossimità della Corea e quindi aveva un ruolo fondamentale all’interno dei rapporti tra Giappone e Corea, in più avrebbe avuto anche un fortissimo significato simbolico, perché l’ultima principessa di Corea avrebbe sposato uno dei maggiori esponenti del clan dei So.

Sembra che nonostante la natura del matrimonio non certo per amore, i due giovani provassero affetto e stima reciproca e che il marito si prese calorosamente cura della principessa che avendo una salute mentale fragile, aveva bisogno di molte cure e attenzioni, sono state rinvenute poesie che il conte avrebbe scritto dedicandole alla moglie e alla loro unica figlia nata nel 1932, Masae, amatissima da entrambi i genitori e abilissima negli studi tanto che si laureò in lingue e letteratura giapponese.
Anche di questi anni si anno notizie vaghe perché le condizioni di salute di Deokhye peggiorarono sempre di più, ai sintomi già presenti si aggiunsero le allucinazioni con permanenze temporanee in ospedale psichiatrico. Questo tipo di malattie ai tempi venivano trattate con pudore e vergogna e per questo a noi è arrivato ben poco.
Nonostante l’affetto che la principessa e il conte nutrivano l’uno per l’altra era pur sempre un matrimonio di convenienza e con moltissime difficoltà a causa della malattia, per questo non riuscì a sostenere il peso del tempo e alla fine della seconda guerra mondiale, con la sconfitta del Giappone e il conseguente crollo dell’aristocrazia giapponese i due divorziarono ufficialmente nel 1953.
Il colpo definitivo alla salute della principessa arrivò nel 1956 con la scomparsa improvvisa della figlia, che lasciò un biglietto in cui fece intendere la volontà di togliersi la vita. Non si ebbero mai più sue notizie e il corpo non fu mai ritrovato, questo ha portato a pensare che si sia gettata in mare annegando. Deokhye non si riprese più ed erano ormai frequenti gli episodi in cui la lucidità l’abbandonava.
A questo punto non abbiamo più notizie della principessa fino più o meno al ’59, quando un giornalista ha rintracciato Deokhye in Giappone e iniziò una serie di tentativi per farla rientrare finalmente in Corea del Sud ormai divisa dal Nord da qualche anno. Al potere c’era Rhee Syngman il quale si oppose fermamente al reintegro del nome della famiglia imperiale e impedì il rimpatrio della principessa.
Ci vollero ancora un pò di anni, ma finalmente nel 1962 un volo la riportò dal Gippone alla Corea.
Prima che la stampa si interessasse alla questione, quasi nessuno ormai in patria ricordava la sua esistenza e nessuno si domandava che fine avesse fatto quella principessa quasi bambina che fu portata via dalla sua terra in nome di un cambiamento che fu solo una fase di 30 lunghissimi anni di repressioni mirate a cancellare il popolo coreano, una bambina che diventando donna ha visto la consapevolezza di sé abbandonarla quanto la sua terra stava abbandonando la propria identità.
Quando l’aereo atterò, Deokhye era spaesata e confusa, ma pianse quando capì di essere a casa.


Fu ricoverata e poi si ritirò nel palazzo della sua infanzia che venne ristabilito per ospitare i membri della famiglia imperiale ancora in vita.
Morì il 21 aprile del 1989 nella sua terra.
Come avrete capito qualche riga fa non ho particolarmente amato il film del 2016 “ The Last Princess” che non è assolutamente un brutto film e il finale è molto commovente, se non fosse che dovrebbe raccontare la sua storia e di fatto non lo fa. Il regista specificò che è ispirato alla storia della principessa e può starmi bene, ma allora non ha senso lasciare lo stesso contesto e la figura dichiarata della principessa per poi stravolgerne completamente i fatti e lasciare solo un paio di dettagli vaghi. Non ho condiviso la scelta di romanzare pesantemente la vicenda, dandogli un taglio di resistenza e patriottismo che è ammirevole, ma assolutamente non necessario in questo caso. Mi spiego meglio, non esiste nessun tipo di fonte che avvicini la principessa ai movimenti per la resistenza, almeno non attivamente. Nel film, Deokhye è descritta come coraggiosa e impavida, che prende parte ai gruppi rivoluzionari e che sfida in più occasioni il governo coloniale, quando in realtà era circondata da un velo di tristezza e rassegnazione costante. Alcuni episodi poi sono stati proprio inventanti. Mi riferisco in particolare alla scena in cui lei modifica il discorso che il governo le chiede di leggere ai lavoratori coreani in Giappone, discorso che nella realtà non è mai esistito e che nel film si conclude con un insurrezione dei lavoratori che cantano “Arirang” anche questo mai accaduto. In più si fa risalire il suo ritrovamento e la sua protezione in Giappone al giovane coreano che avrebbe dovuto sposare per volere del padre e che nel frattempo hanno trasformato in una spia rivoluzionaria, anche questa non è la realtà. Senza contare che della malattia della principessa non si parla praticamente per nulla, se non gli ultimi minuti e in modo molto superficiale. Io posso capire la necessità di romanzare una storia per renderla cinematograficamente più accattivante e magari funzionale, ma in questo caso c’è stato un rimaneggiamento della realtà che ha discostato molto la figura della principessa da quella che fu e secondo me non era necessario perché il sacrificio e la sofferenza dovuta anche ai traumi ricevuti dalla principessa Deokhye sono già un simbolo di resistenza e una metafora fortissima di quella che fu la sofferenza del suo popolo.

Credo di avervi abbondantemente inondato di parole e forse sarà il caso di concludere, ma spero che la storia dell’ultima Principessa di Corea perduta e ritrovata vi abbia emozionato tanto quanto emoziona me. Non ha avuto una vita di imprese eroiche, non ha fatto la rivoluzione ed è morta non ricordandosi neanche di essere stata la figlia preferita dell’Imperatore di Corea, ma ai miei occhi la sua esistenza è così simbolica e significativa per quel preciso momento storico in cui la sua malattia l’ha portata a non ricordarsi neanche chi fosse ed è così simile al destino che era stato scritto per il popolo coreano, che non posso fare a meno di sentire gli occhi inumidirsi.
“Voglio vivere a Nakseonjae per molto molto tempo. Mi manca sua altezza. Corea, il mio paese” (le ultime frasi scritte dalla Principessa Deokhye di Corea”)