Quando si inizia ad approfondire la figura di Hwang Jin Yi, tra le prime cose che vengono premesse c’è la scarsità di fonti riguardanti la sua vita e non c’è da stupirsene. Hwang Jin Yi, come tutte le donne legate all’arte, alla letteratura o più ampiamente alla storia di epoca Joseon, non appare nei registri quindi non è facile ricostruire la sua vita privata o artistica, se non tramite fonti collaterali e non necessariamente certe. Quello che mi impressiona sempre è il paradosso creato dal tempo, che oggi la riconosce come la più famosa poetessa vissuta in epoca Joseon, ma che non ha i mezzi per studiarla approfonditamente perché quella stessa epoca non le ha riconosciuto il diritto di sopravvivere a questo tempo per il solo fatto di essere una donna e per giunta una kisaeng. Se molte delle sue opere sono andate perse nel corso delle varie invasioni straniere, moltissime altre sono state distrutte di proposito, data la natura e l’appartenenza dell’autrice che non rispecchiava sicuramente l’immagine che il confucianesimo designò della donna nel suo tempo. Opere create da una donna, peggio ancora non aristocratica e dalla condotta non appropriata secondo i canoni del tempo, erano delle vere e proprio espressioni di lascivia.
Oggi proviamo a mettere insieme un po’ di elementi per cercare di capire meglio Hwang Jin Yi e la poetica dei Sijo, ovvero il genere di componimenti che l’ha contraddistinta tra tutte le sue enormi doti artistiche.
I primi dubbi sulla vita di Hwang Jin YI o se volete Myeongwol (il suo nome d’arte che significa luna luminosa) partono proprio dalla sua nascita, l’ipotesi più accreditata è quella che la vede nascere nel 1506 a Songdo, l’attuale Kaseong, una città oggi situata in Corea del Nord e che ha una grande importanza storica perché fu la capitale del Regno Koryo. Luogo al quale era molto legata e che riporterà nei suoi sijo. Una nascita non proprio sotto una buona stella la sua, è infatti figlia illegittima di uno Yangban (funzionari aristocratici che ricoprivano cariche pubbliche) che la leggenda vorrebbe vittima del fascino di sua madre, con la quale ebbe una relazione extraconiugale, che in realtà non è ben chiaro se fosse consensuale. Questo dettaglio a dire il vero poco importa, perché già solo per il fatto di essere una figlia femmina illegittima non le prometteva certo un futuro di agio e privilegio.
Il periodo in cui è nata rispecchia in qualche modo le difficoltà della sua giovane esistenza. Erano anni dettati dalla violenza e da guerre interne tra ranghi dell’aristocrazia iniziati con l’ascesa al trono del giovanissimo principe Yonsan nel 1494. Troppo giovane e vulnerabile fu una preda facilissima per i funzionari di fazione opposta alla casta dei sarim, il partito che portava avanti ideali di opposizione alla nuova dinastia e che in quel momento stava cercando di intraprendere una scalata al potere. Quando il giovane sovrano venne convinto dai funzionari dell’aristocrazia “di merito”, per meri affari di potere, del coinvolgimento dei sarim nella deposizione e uccisione di sua madre, fu l’inizio di una terribile epurazione, la prima di quattro, che sterminò gran parte del ramo dei sarim e fece perdere la testa al sovrano che addirittura ordinò di riesumare il corpo di uno dei leader dei sarim che fu ministro della giustizia, per giustiziarlo e decapitarlo nonostante fosse già morto. Da questo momento il sovrano, persa la lucidità, iniziò a condurre uno stile di vita completamente fuori controllo, tra lussi sfrenati e lussuria sperperando gran parte delle risorse finanziarie dello stato e iniziando a confiscare terre e proprietà. Tutto questo culminò in un colpo di stato e nella sua detronizzazione in favore del fratello con il conseguente esilio nel 1506, esattamente l’anno della nascita di Hwang Jin Yi. L’impero Joseon era dunque in equilibrio precario, il divario tra ricchi e poveri era fortissimo e il nuovo sovrano cercava di ristabilire l’ordine con non troppo successo, gli scontri interni continuarono e anche i rapporti con le nuove classi di letterati confuciani erano tesi. Queste tensioni hanno fatto parte dell’intera vita di Hwang Jin Yi influenzandola non poco e alimentando la sua voglia di libertà.
Tutti le fonti concordano nel descriverla come una donna di grandissima bellezza e di sofisticata intelligenza, oltre ad uno spiccato desiderio di libertà espressiva. Si narra di un giovane ragazzo che innamorato di lei di un amore non corrisposto, si sia tolto la vita e che lei non esitò a sfidare il corteo funebre che incitava alla sua colpevolezza, ricoprendo la bara del ragazzo con il suo jeogori (la camicia del suo hanbok) in segno di dolore, stiamo parlando di un gesto fortissimo nel 1500. L’evento che parrebbe averla portata a decidere di diventare una kisaeng è un’altra tragedia legata all’amore, ma questa volta assolutamente corrisposto. Un giovane uomo, figlio di una famiglia aristocratica, e Hwang Ji Yi si innamorarono perdutamente, ma nel momento in cui si venne a scoprire della situazione famigliare e dell’illegittimità della ragazza, il legame fu immediatamente ostacolato e interrotto dalla famiglia di lui, che qualche tempo dopo morì. Un momento decisivo nel quale Hwang Jin Yi iniziò a maturare diversi pensieri sulla società, sulla sua condizione e su quello che non avrebbe più voluto sopportare. Se la sua vita doveva essere priva di relazioni doveva esserlo per suo volere, in più il dolore per la perdita del suo amore era irreversibile e quindi varcò la porta di un gyobang, ovvero una sorta di scuola per la formazione delle kisaeng.
Qualche parola a questo punto dobbiamo spenderla anche per capire meglio la figura delle kisaeng, per allontanarle dal mero immaginario forzato che le descriveva come prostitute, non è così. Erano delle artiste a tutti gli effetti, padroneggiavano l’arte della musica, della danza, del canto e della letteratura, con la quale intrattenevano intellettualmente o anche fisicamente (ma non necessariamente), uomini dell’aristocrazia. Erano donne e avevano la libertà di intrattenere conversazioni con il genere maschile e nella società Joseon era l’unico caso in cui una donna poteva farlo, questo dava loro una maggiore libertà di esprimersi rispetto alle donne dell’epoca, ma sicuramente non privilegio o apprezzamento. La loro posizione era infatti molto contraddittoria, pur essendo le donne più istruite del paese occupavano la classe più bassa in una società fortemente fondata sui principi del confucianesimo e che quindi le considerava serve del governo, perché era un lavoro a tutti gli effetti autorizzato dal governo.
Hwang Jin Yi durate la sua formazione ha iniziato a padroneggiare con grande abilità la musica, suonando il geomungo, uno strumento a sei corde di seta e affinare la composizione di sijo. I sijo sono componimenti poetici nati alla fine di Koryo, ma che hanno trovato successo nel periodo Joseon con la classe aristocratica dei sadaebu (termine che si ritrova spesso sovrapposto a quello di Yangban) tanto da diventare la forma poetica più famosa e apprezzata. È una poesia breve, in tre versi e circa 46 sillabe, spesso venivano messi inerme più sijo a formare un componimento più lungo. Comunemente raccontavano una storia ed erano lenti e carichi di simbolismi, con la natura e le sue bellezze, come tema tra i principali. Questo tipo di poetica nasce con l’intento di essere cantata e fino all’inizio del 1700 era tramandato solo oralmente, il gran numero di varianti che sono arrivate fino a noi e che caratterizzano una singola canzone, testimoniano la natura orale del componimento. Una caratteristica tipica era l’introduzione di una svolta nel fraseggio che aveva un significato ben preciso e la sua natura indicava il livello di originalità dell’esecutore. I sijo di Hwang Jin Yi oggi sono considerati tra i più belli mai composti per la sua immensa capacità di caricarli di emozione e significato. Tramite queste poesie esprimeva anche la sua condizione e una profonda riflessione sullo scorrere del tempo mettendolo per esempio in relazione allo scorrere delle stagioni e i cambiamenti della natura, usando così delle metafore davvero ricche di significato. Come vi dicevo all’inizio la poetessa era molto legata alla sua terra natia e infatti uno dei suoi componimenti più famosi richiama proprio il ricordo delle macerie del palazzo della vecchia capitale Koryo in relazione al tema dello scorrere del tempo:
“Il silenzio regna su un vecchio tempio nelle vicinanze delle rovine del palazzo
Un alto albero alla luce del sole che tramonta rende triste chi guarda
Si diffonde una nebbia gelida: i sogni persistenti dei monaci
Sulla pagoda distrutta, strati di polvere accumulati nel tempo
Dove un uccello reale prendeva il volo, volano uccelli senza nome
Dove non fioriscono più le azalee, pascolano pecore e bovini
La montagna dominante può ricordare sfarzo e gloria
Sapeva che la primavera si sarebbe presto trasformata in autunno”
Il significato nascosto in questa poesia parrebbe essere una riflessione che accosta il crollo della gloria della capitale Koryo e sua città natale, alla sua vita da kisaeng e la sua intelligenza e bellezza destinate a scomparire presto, essendo quella delle kisaeng una carriera non troppo lunga.
Il suo approccio all’arte e alla vita da kisaeng sono sempre state particolarmente volte alla ricerca di indipendenza, una delle caratteristiche della sua personalità che oggi le viene riconosciuta è la totale incapacità a sottostare alle regole del suo tempo. Ha avvicinato e ammaliato alcune tra le figure politiche e sociali tra le più importanti e potenti, non abbassandosi mai alle regole sociali, anzi il rapporto con gli uomini che intratteneva era quello di sfida, spesso non si truccava e non accettava di buon grado le provocazioni, anzi rispondeva utilizzando la sua capacità espressiva e di linguaggio come arma affilatissima. Ha assaggiato la vita di corte, entrando nei palazzi arricchendosi di esperienza e soprattutto dell’osservazione necessaria per stimolare la sua ispirazione, erano occhi pieni i suoi, pieni di orgoglio, ma anche di molta sofferenza. Il pregiudizio della società è ciò che l’ha spinta fin dalla tenera età a cercare la via con la quale poter decidere come esprimersi. La privazione di una vita semplice, che le era stata imposta dalla sua controversa figura paterna, la condizione di figlia illegittima, in più la perdita dell’amore per questo e il divario enorme tra le classi sociali è diventato il punto da cui partire e su cui plasmare la sua idea della società in cui viveva.
Di trasposizioni sulla sua figura ce ne sono una quantità incredibile, dal cinema, alla tv, alla letteratura, al teatro e non saprei mai elencarle tutte tanto meno trovarle, ma sicuramente a portata di tutti cercando un po’ sul web, c’è un film del 2007 che si chiama proprio “Hwang Jin Yi” in cui veste i suoi panni Song Hye Kyo e un drama dallo stesso nome del 2006, un drama di quelli propio vecchia scuola che conta 24 episodi da circa un’ora l’uno. Sono più o meno romanzati, ma sicuramente molto interessanti per valutare gli aspetti che scelgono di valorizzare.
Pensando al peso che oggi Hwang Jin Yi ha nella storia, mi viene da sorridere perché la sua personalità l’ha resa bersaglio facile del suo tempo che voleva sminuire le sue opere rendendole volgari e prive di valore, ma quello a cui non avevano pensato è che spesso non basta distruggere delle opere letterarie per cancellare qualcuno dalla memoria del tempo e la storia è piena di esempi. Infatti Hwang Jin Yi oggi non è solo riconosciuta come una grandissima poetessa, musicista, calligrafa e danzatrice, la più grande del suo tempo, ma è anche diventata uno dei simboli di libertà e dell’affermazione della propria identità tramite l’arte.
“oh se potessi catturare l’essenza di questa profonda notte di pieno inverno e piegarla dolcemente nel soffio di una coperta di luna primaverile per poi srotolarla la notte in cui il mio amato tornerà”