
Riuscire a definire Yi Sang non è impresa facile, non lo è adesso nel 2022, figuriamoci nel 1933 quando si presentò con i sui 20 anni appena compiuti e un manoscritto sotto il braccio da Jung Jiyong, che all’epoca faceva parte della scuola dei poeti più influenti del panorama poetico e letterario. Erano gli anni della poesia lirica, tradizionalmente legata alla cultura del suo tempo, gli anni dei capolavori di Kim Sowol per intenderci.
Immaginatevi questo ragazzino scompigliato e gracilino, mettere tutte le sue speranze tra le mani di uno dei più grandi poeti del suo tempo chiedendogli di aiutarlo ad essere pubblicato sulle stesse riviste dei “grandi”. Ora immaginatevi Jung Jiyong che accetta di leggere le sue poesie e si ritrova sotto gli occhi 꽃 나무 “flowering tree” e 거울 “Mirror”… Erano così “strane” che ne rimase folgorato.
거울 Specchio
Dentro lo specchio non c’è suono.
Non potrebbe esserci un mondo così silenzioso.
Anche dentro lo specchio ho i miei orecchi.
Due poveri orecchi che non possono comprendere le mie parole.
Dentro lo specchio io sono mancino.
Mano mancina che ignora la stretta di mano.
Per via dello specchio, non posso toccare il me che sta dentro lo specchio.
Ma se non fosse per lo specchio come potrei mai incontrare me in esso.
Io non ho con me in questo momento uno specchio ma dentro lo specchio io ci sono sempre.
Non ne sarei sicuro ma è probabile che sia assorto in qualche affare solitario.
Io e l’io che sono dentro lo specchio
siamo straordinariamente somiglianti.
Io non posso prendermi cura dell’io dentro lo specchio e capirlo,
perciò mi sento molto frustrato.
Era il 1933 quando la poesia tradizionale venne travolta da un giovane architetto di nome Kim Hae Kyung che da un paio di anni pubblicava sulle riviste di architettura, ma che già dal 1928 si firmava nell’annuario della scuola Yi Sang, un nome destinato a rimanere nella storia letteraria coreana.
Le correnti alle quali viene affiancato sono surrealismo, esistenzialismo, espressionismo, ermetismo, anche se non è facile chiuderlo in un’unica corrente e soprattutto non è possibile definirlo solo un poeta, perché in effetti ha scritto anche racconti e saggi.
Quello che però è certo è il suo desiderio di destrutturare la poesia e la letteratura fino a quel momento conosciute. Voleva rappresentare un mondo completamente estraneo attraverso un linguaggio non solo contemporaneo, ma oserei dire estemporaneo, come un flusso di coscienza estremante lucido. Seppur cresciuto nella tradizione letteraria, non voleva adeguarvisi, ma anzi creare una rottura. Le sue sono opere anche molto grafiche, inserisce simboli, numeri e strutture complesse che lo rendono di difficile comprensione senza un’analisi.

Fondamentale nei suoi lavori è la ricerca di sé, l’attenzione a tematiche inedite come quella dell’inconscio e se ci pensate questi stessi temi si stavano affermando anche in Europa. La letteratura del primo ‘900 (come anche la poesia) iniziava a distaccarsi radicalmente dalle correnti dell’800, a parlare dell’impossibilità di dare risposte razionali ai grandi quesiti che l’uomo si pone e alle relazioni umane. Insomma un poeta incredibilmente occidentale in una Corea che da poco si era aperta all’occidente, che stava vivendo la dominazione giapponese e che quindi era prepotentemente attaccata alla difesa della tradizione.
Non fu capito insomma e anzi, quando la sua raccolta di poesie (oggi tra le più famose) “Ogamdo” venne pubblicata da luglio ad agosto del 1934 sul Choson Chungang Daily, fu accusato di essere sconclusionato e sconcertante, troppo lontano dalla tradizione: “un architetto che fa il poeta?” e così ne sospesero la pubblicazione.

Fu il tempo a mettere in luce la vera anima di Yi Sang, quella nascosta in versi criptici, l’anima tormentata di un giovane malato di tubercolosi, all’epoca incurabile, che ha abbandonato il lavoro per la malattia e che vedeva scivolarsi via la vita in una società che non riconosceva più. I suoi versi e i suoi racconti così difficili da interpretare, in realtà nascondevano anche messaggi molto politici, ma come i confini della sua vita andavano a sfumarsi così lui disgregava le immagini delle sue opere. E infatti nella poesia che vi ho scritto qualche riga fa quella che lui vede dentro lo specchio è la frammentazione di sé, una frammentazione in cui si riconosce, ma che non riesce ad afferrare.
Nelle sue opere c’è sperimentazione nello stile e nelle tematiche, la ricerca di sé nel tormento è un aspetto molto evidente anche nel racconto “Ali” del 1936 (lo trovate in italiano nell’antologia “Storie dalla Corea” edita da atmosphere libri) che è conosciuto come esempio della moderna letteratura più psicologica coreana. Questo è un racconto in qualche modo anche autobiografico in cui il protagonista malato rimane sempre chiuso in una stanza mantenuto economicamente dalla moglie prostituta ed è costantemente attanagliato dal tormento e dai dubbi sul rapporto con la moglie e non riesce ad uscire da questo stato di lotta con sé stesso, una lotta che è metafora dell’incomprensione e dell’inafferrabilità dei rapporti umani. Ancora una volta i confini si rompono, le immagini diventano liquide e si mescolano all’inconscio nel quale rimane intrappolato. L’unico momento di reazione è espresso al culmine della narrazione, il protagonista in piedi nel vuoto in attesa che le ali crescano improvvisamente e lo portino via da quella prigionia in cui è costretto.

Sarà proprio “Ali” a dargli il successo e il consenso della critica perché questo finale e l’attesa delle ali per liberarsi si riflettevano anche nella sofferenza generata dalla società e dai valori violati dall’invasore giapponese. Questo stesso tema del travaglio interiore a causa di rapporti umani complicati è presente nel racconto “ Le ossa del bambino” (tradotto in italiano in “Storie d’amore dalla Corea del primo novecento edito da atmosphere libri). Ritroviamo il flusso di coscienza, che utilizza per snodare le trame di un triangolo amoroso. Una serie di emozioni e riflessioni generate dall’impulso che si susseguono in sette atti.
“Il mio modo di esprimermi si è talmente allontanato dalla visione di questo mondo che la mia testa priva di pensieri si può paragonare ad una caverna vuota. Ma non potrò dormire per l’eternità se prima non avrò trovato un modo per riordinare le scene malinconiche che si sono palesate nei miei sogni” ( da “Le ossa del bambino”)
La sua salute mentre scriveva “Ali” iniziò gradualmente a peggiorare, ma si può tranquillamente affermare che il 1936 sia stato l’anno più rigoglioso della sua carriera e alla fine di quello stesso anno decide di mettersi in viaggio per Tokyo, come spesso accadeva a studiosi e letterati, in cerca di nuovi spunti per alimentare la sua ricerca creativa. La considerazione di critica e lettori ha attirato l’attenzione anche del governo giapponese e considerato un dissidente per i messaggi ideologici celati nelle sue pagine tormentate, viene arrestato a febbraio del 1937, ma la malattia era ormai in stato molto avanzato e dopo un mese viene trasferito all’ospedale universitario dove muore poco dopo, a soli ventisette anni.
Prima di morire scrive quello che oggi è considerato il suo testamento perché a partire dal titolo “Le ultime parole” (anche questo contenuto in “storie d’amore dalla Corea del primo’900 di atmosphere libri) sembra anticipare l’inesorabile triste destino di Yi Sang. Un testamento perché al protagonista ha dato il suo stesso nome ed è una sorta di confessione in cui tra passato e presente, attraverso un amore complicato, si immerge nel suo io e in tutto ciò che di irrisolto racchiude. Ironicamente gioca anche con la morte e nel racconto inserisce la possibile incisione sulla lapide del protagonista suo alter ego:
“E una bella incisione sulla lapide? Secondo il calendario gregoriano nella serata del 3 marzo 1937, giornata senza neanche una nuvola, è deceduto all’improvviso, all’età di venticinque anni e 11 mesi, dopo una vita trascorsa come le onde tra alti e bassi, il genio eccezionale di Yi Sang, che lascia ai suoi posteri il suo capolavoro, le parole morenti. Questa scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile! E io, l’altro Yi Sang, ancora in vita, in attesa del paradiso, innalzo sulla fredda montagna una lapide in tua memoria. Dopo la tua fine, la tua amata Jeonghui è diventata la concubina di diversi uomini e si sta godendo la vita. Così io prego affinché tu, Yi Sang, morto e sepolto, possa riposare in pace!” (da “Le ultime parole)
Oggi la sua casa, distrutta e poi rimessa in piedi, può essere visitata a Seoul, Jongno-Gu DIst.
Sono state raccolte ed esposte le sue opere originali. Un progetto fortemente voluto per cercare di rivalutare le case degli scrittori, in quanto patrimonio culturale.
Una vita breve quella di Yi Sang, morire a ventisette anni dopo aver stravolto la tradizione letteraria in soli sette anni di attività. La sua vita così difficile, nella malattia, dubbi e tormenti e la sua conclusione, sembra il finale di uno dei suoi racconti. Una morte così simbolica che rimane impressa come la rappresentazione del sentimento della società nel periodo coloniale.
