Quella di passeggiare tra i palazzi storici in Corea è una delle sensazioni che ricordo più vividamente e che più mi emoziona. Ho avuto la fortuna di visitarli per la prima volta in uno dei momenti migliori dell’anno. Sì, perché l’autunno coreano è qualcosa che una volta vissuto difficilmente dimenticherete. Calpestare il manto giallo intenso di foglie di Ginkgo mentre il rosso e l’arancione degli aceri vi circonda mosso dal vento tra i colori tipici dei palazzi storici, è un imprinting davvero potentissimo.


Avremo modo di parlare di varie cose relative ai palazzi, ma quello per cui siamo qui oggi è la mia ossessione per i dettagli. Ho fatto una quantità irreale di foto, sezionando ogni angolo, ma dobbiamo anche ammettere che lo scenario assecondava piuttosto bene il mio occhio curioso.
Partiamo quindi da una foto che ho scattato a Deoksugung che è un complesso circondato da meravigliose mura di pietra in cui si sono susseguiti componenti della famiglia reale e divenuto poi il palazzo dell’imperatore fino alla sua morte durante il periodo coloniale giapponese. È un palazzo davvero particolare perché comprende strutture anche più moderne e in stile occidentale che aprono alla sguardo uno scenario molto interessante, ma mi sto perdendo… Di questo parleremo nel dettaglio in uno dei prossimi approfondimenti.
Se provate ad alzare lo sguardo alle giwa, le caratteristiche tegole che compongono il tetto dei palazzi, troverete una serie di strane figure allineate sulle creste verticali che scendono verso le grondaie. Sono i Japsang, piccole statue in argilla con apparente forma animale. Sono decorazioni, si, ma se c’è una cosa che imparerete presto in Corea è che nulla ha solo funzione ornamentale, soprattutto in contesti come quello dei palazzi reali.
Nel caso specifico dei Japsang, parliamo di figure legate all’immaginario del folklore.

Per quanto ci siano pochi e poco chiari documenti che individuano alcune di queste figure già nel Regno di Goryeo, la tradizione ha una chiara collocazione durante il periodo Joseon che, soprattutto inizialmente, era sotto l’influenza della dinastia cinese Ming ed è proprio in questo periodo che i Japsang iniziano ad abbondare sulle creste dei palazzi.
Chiaramente pur essendo la radice quella della dinastia Ming, in Corea ha assunto poi una specificità che si è portata avanti nei secoli fino ad arrivare a noi che calpestando quelle foglie di Ginkgo col naso per aria rimaniamo incantati guardandoli.
Una delle differenze si trova per esempio nell’ordine e nel numero delle varie statue, che in Corea è stato influenzato soprattutto da una specifica opera letteraria, uno dei grandi quattro classici cinesi “Viaggio in Occidente” attribuito a Wú Chéng ēn. Nel racconto un Monaco intraprende un viaggio verso l’India in compagnia di tre figure incaricate di proteggerlo: Il Re scimmia Sun Wukong, il maiale Zhu Wuneng e un demone del fiume Shu Wujing.
Un viaggio difficile e pieno di insidie verso la purificazione.
Ecco che in Corea il coraggio e la forza di questi personaggi si installa nell’immaginario comune e diventano simbolo di autorità, dignità e grandezza, vengono posti sulla cima dei palazzi in fila tra le prime figure.

Ci sono altri nomi però che appaiono accanto a questi in un’opera letteraria coreana di grande importanza che si vanno ad aggiungere alla conoscenza che abbiamo oggi dei Japsang. Eouyadam di Yu Mong In (vissuto tra il 1559 e il 1623) è una raccolta di novelle legate al folklore, così ben costruita da racchiudere eventi e persone legate alla Storia e che descrivono in modo incredibile lo stile di vita di Hanyang (la vecchia Seoul) prima e dopo l’invasione giapponese del 1592, ma anche racconti popolari e folkloristici su fantasmi e creature sovrannaturali.
Si conoscono più di trenta edizioni di questa raccolta che si sono susseguite nei secoli e il numero dovrebbe farvi capire, dunque, la rilevanza.
Da questa opera emerge come il numero e l’uso delle figure dei Japsang sui palazzi coreani non fosse sempre la stessa e infatti, oggi potete vedere direttamente che variano da un minimo di 3 a un massimo di 11 e comprende vari animali, ognuno con una caratteristica ben precisa, oltre alla scimmia e al maiale già citati prima: la fenice, il leone, la giraffa e per esempio anche Haechi di cui vi parlai tempo fa su Instagram e che è la figura mitica del leone con il corno posto anche all’ingresso dei palazzi a protezione, diventato oggi simbolo e mascotte della città di Seoul.

Questo è un elemento importante perché i Japsang quindi non avevano solo il compito di dimostrare la grandezza del regno, ma con la presenza di creature considerate sacre erano a tutti gli effetti i guardiani del palazzo. Simboli sciamanici per allontanare spiriti maligni, la negatività che avrebbe potuto danneggiare la dinastia e protezione dal fuoco che era una delle paure più grandi all’epoca perché le costruzioni erano tutte in legno.
Capite quindi che la decorazione era solo un elemento parziale. Pare che ogni volta che in epoca Joseon veniva incaricato un nuovo ufficiale, durante la cerimonia dovesse recitare in un solo fiato dieci nomi dei Japsang in quanto protettori e la riuscita era di buon auspicio.
Quello che ha stupito me e che ho scoperto essere anche fonte di quesiti per gli studiosi è il metodo secondo cui venivano assegnati i Japsang.
L’importanza del palazzo? Può essere, ma allora non si spiega perché Gyeonghoeru che è stato costruito su un bellissimo stagno a nord di Gyeongbokgung esclusivamente per accogliere funzionari stranieri e tenere banchetti e che oggi nei kdrama appare quando due amanti si vogliono incontrare in segreto, proprio perché in disparte e poco visitato, ne abbia un totale di 11, più dei palazzi in cui di fatto c’era il Re.


Forse la grandezza e quindi maggior bisogno di protezione? Può essere anche questo.
Insomma come in ogni campo, gli studiosi hanno ancora molto da scoprire, quello che è indubbio è il fascino di queste piccole statue in fila con i voti che apparentemente sembrano minacciosi, ma che con qualche conoscenza in più diventano rassicuranti. Se vi capiterà di passeggiare tra questi bellissimi palazzi e ve lo auguro, alzate lo sguardo e porgetegli un saluto. Se poi riuscite a vederli al tramonto vi prometto che non lo dimenticherete mai.

E ora, come gli ufficiali in epoca Joseon, tutto d’un fiato:
DAEDANSABU, SONHAENGJA, JEOPALGYE, SAHWASANG, LEEGWIBAK, LEEGURYONG, MAHWASANG, SAMAL BODHISATTVA, CHEONSANGAP, NATODU.
…Perché non si sa mai…